GEOS - n.9 Maggio 1996 - anno IV
ISOLE DI CAPO VERDE

Gli ultimi ambienti selvaggi

Testo di Pier Vincenzo Zoli - Foto dell'Autore e di Mauro Camorani

A Capo Verde ha vinto l'ambiente


La Salina di Pedra Lume a Sal


Antichi cannoni


Relitto abbandonato a Boavista


Ruderi a Citade Velha


Una rara oasi a Santiago

Non c'è praticamente angolo, nell'arcipelago, che non mostri ancora il suo volto autentico, e se si escludono un paio di città e le due o tre zone balneari, nelle isole di Capo Verde la natura non conosce sfida. A Ilha do Sal, per esempio, il sale si cristallizza sul fondo di un vulcano spento, e per anni è stata una delle poche ricchezze da esportare. Nell'Ilha do Fogo il vulcano è invece attivo e la sua potenza è ben nota a tutti, tanto che ancora non si è spenta l'eco dell'ultima eruzione. L'ilha de Boavista è circondata da una corona di spiagge deserte, e imponenti dune mobili avanzano da mare inghiottendo i pochi arbusti dell'interno.
L'Ilha de S.Luzia è popolata solo da uccelli marini e da lucertole giganti, e l'unico suono che vi si può udire è quello del vento, che l'accarezza tutto l'anno. A Sao Vicente, subito fuori da Mindelo, ci si perde in un universo di pietre arroventate dal sole e di brulle colline vulcaniche, al di là delle quali s'intuisce il ruggito delle onde su spiagge che sembrano irraggiungibili. Poi l'Ilha de Maio, Brava, Sao Nicolau, schegge galleggianti sull'oceano che a volte sembra proteggerle e altre annientare.
A "bordo" di ogni isola, uomini e donne nonostante la scarsità delle risorse hanno saputo trovare una loro dignità di vita. Solo nella capitale, Praia, i bambini cominciano ad allungare la mano per chiedere quel denaro che vedono addosso ai ricchi ed ai turisti; altrove ognuno costruisce il suo destino senza curarsi dell'altro, sia che sonnecchi all'ombra di una barca, sia che giochi all'"uril" sotto un'acacia o che sia intento a dissodare la polvere per ricavarne un orto. Le poche risorse del territorio trovano poi impieghi artigianali che contribuiscono a colorire l'esistenza.
Nelle zone interne di Santiago e di Santo Antao, la canna da zucchero è la risorsa prima per la fabbricazione del "grogue", una specie di rum dal sapore duro, lavorato nei villaggi come se il tempo non fosse mai trascorso. A Mindelo vengono invece tessuti a mano stupendi tappeti dai colori sgargianti, rigorosamente ottenuti con bagni naturali, mentre modesti vasai svolgono il loro lavoro in piccole botteghe dalle minuscole finestre; là dove iniziano a passare i primi villeggianti, compaiono fuori dalle modeste case semplici banchetti con ingenui manufatti lavorati all'uncinetto.
Ma è nei mercati il senso vero del piccolo commercio; se a Praia è dato di vedere qualche uomo dietro un banco, ad Assomada, nel cuore di Santiago, il mercato è tutto delle donne. Col capo coperto da sgargianti foulard di varia foggia, esse "mescolano" le loro grida agli aromi della frutta, e il brulicare di varia umanità che vi si trova avvolge lo straniero senza soffocarlo.
Anche le feste di paese accettano benevolmente il viandante: trovarsi nel bel mezzo di una di esse significa lasciarsi prendere dal vortice, entrare nella mischia e fondersi con il ritmo dei tamburi e l'ossessivo suono delle conchiglie trasformate in improbabili strumenti a fiato, seguendo il corteo per chilometri e perdendosi nell'ancheggiare delle giovinette che danzano senza mai fermarsi.
La musica, del resto, è parte viva della cultura di queste genti, tanto che ogni anno, a luglio, si organizza a Sao Vicente un festival che chiama a raccolta ospiti da tutte le isole dell'arcipelago. Si canta e si balla un po' di tutto, ma la vera radice dell'ispirazione è una melodia triste e appassionata, le cui parole narrano di esili e di separazioni; si può ascoltare in alcuni specifici locali, ma è assai più suggestivo capirla da chi la canta solo per passione.
Durante le notti tranquille, in un silenzio nel quale anche le stelle sembrano far rumore può capitare di udire in lontananza una chitarra che accompagna il canto triste di un ragazzo che lentamente avanza nella via: è la "morna", la dolce melodia che intona il pianto di chi è andato via o ha visto i propri amori perdersi oltre l'orizzonte.

estratto da:
GEOS - Edizioni ECOS SRL - n.9 Maggio 1996 - anno IV - Testo di Pier Vincenzo Zoli - Foto dell'Autore e di Mauro Camorani

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